Il Consiglio di Fondazione del Cardiocentro Ticino mi ha recentemente nominato Primario del reparto di Cardiochirurgia, carica che ricoprirò dal 1° febbraio 2015.
In questo nuovo ruolo tutte le qualità professionali individuali, quali le abilità tecniche, la valutazione clinica e la presa di decisioni in casi complessi sono considerate un dato di fatto. La nuova sfida è la leadership.
Introduzione
E’ un grande piacere per me presentarvi un autore-ospite di questo blog, lo psicologo e psicoterapeuta Martino Regazzi. Martino ha raggiunto l’équipe del Cardiocentro Ticino circa un anno fa. Sostiene i nostri pazienti e dà a tutto il personale operativo (infermieri, cardiologi e cardiochirurghi) un prezioso aiuto nella comprensione delle ripercussioni psicologiche delle malattie cardiovascolari e dei loro trattamenti. Martino si occupa di qualcosa che si trova all’antipode di quello che noi trattiamo con le tecniche e tecnologie di punta: l’anima e la mente del paziente. Nonostante noi esseri umani sentiamo cuore e anima come un’unità, noi operatori vestiti di blu e di verde ne curiamo prevalentemente la dimensione somatica. L’empatia con i pazienti fa parte del nostro approccio, ma solo questo non basta. La cura dell’altra dimensione, della mente e dell’anima, che soffrono quasi sempre in parallelo, è complessa e difficile. Ecco perché sono particolarmente grato a Martino, che ha accettato l’invito a contribuire con un intervento mirato proprio in questa materia.
(L’immagine “Dalla profondità del mio cuore” è opera dell’artista David Munroe che ha acconsentito alla sua pubblicazione in questo blog).
Il progresso in medicina è basato sulla continua ricerca.
Lo stimolo principale per la ricerca medica è il progresso del trattamento e della cura delle malattie, che si traduce in miglioramento dell’aspettativa e della qualità di vita.
I progressi in medicina degli ultimi 20 anni sono impressionanti: il tasso di mortalità di varie malattie gravi, quali varie forme di tumori, malattie cardiovascolari e infettive si è ridotto drasticamente, l’aspettativa di vita e la qualità di vita sono migliorate considerevolmente.
Ma cosa significa esattamente “ricerca medica”?
Per chi non é direttamente coinvolto in questo settore, comprendere le dimensioni e le varie sfaccettature della ricerca medica non è così semplice.
Da diversi anni si sente parlare della chirurgia robotica. Ciònonostante, non è molto chiaro di cosa si tratta effettivamente e quali sono i veri benefici di questa tecnologia.
Quando oggigiorno si parla di chirurgia robotica si intende l’utilizzo del sistema da Vinci (Intuitive Surgical, Inc., Sunnyvale, CA, USA). E’ l’unico sistema certificato per la chirurgia robotica in generale. E’ commercializzato in tutto il mondo, coprendo quasi il 100% del mercato attuale.
Il comunicato stampa ufficiale come è stato diffuso il 20.12.2013:
“CARMAT (Paris:ALCAR) (FR0010907956, ALCAR), designer e sviluppatore del progetto più avanzato al mondo per realizzare un cuore totalmente artificiale che dà un’alternativa alle persone affette da insufficienza cardiaca in fase terminale, ha annunciato il primo impianto del suo cuore artificiale, come parte dello studio di fattibilità in conformità alle norme stabilite dalla ANSM (Agence nationale de sécurité du médicament et des produits de santé, l’autorità sanitaria francese) e al Comité de Protection des Personnes (il comitato etico).
La procedura è stata effettuata l’8 dicembre 2013 dal Georges Pompidou European Hospital team a Parigi (Francia) per la prima volta al mondo.
Questo primo impianto si è svolto agevolmente: le protesi forniscono automaticamente un flusso sanguigno normale secondo il livello fisiologico. Il paziente viene attualmente monitorato ed è in cura intensiva. È sveglio e in grado di parlare con i suoi familiari.
“Siamo lieti di questo primo impianto, anche se siamo lontani dal poter trarre conclusioni dato che si tratta del primo impianto di questo tipo e di una operazione chirurgica appena effettuata”, ha affermato Marcello Conviti, CEO di CARMAT.”
Ogni intervento chirurgico può avere complicazioni. Prima di proporre un intervento viene sempre valutato il potenziale di possibili complicazioni. Al colloquio preoperatorio, vedendo e vivendo il paziente in persona si riesce ad ottenere un’impressione delle sue condizioni e delle sue forze e riserve. Insieme alle informazioni “tecniche” provenienti dai vari esami si può meglio valutare il rischio operatorio.
Le complicazioni possono essere sia tecniche (quindi legate al gesto tecnico), che generali.
La notizia che un intervento cardiochirurgico sia necessario è una vera scossa, non solo per la persona direttamente interessata, ma per tutta la famiglia. A volte si tratta di una notizia quasi a ciel sereno, risultato di un cosidetto controllo di routine o check up. Altre volte questa rivelazione può essere il culmine di un percorso rapido: un dolore al petto o un fiato corto improvviso e acuto portano ad accertamenti accelerati e urgenti. L’impatto della parola “intervento a cuore aperto” è sempre molto forte. Come si svolge tutto? Cosa ci si deve aspettare? Andrà tutto bene? E poi? Come sarà?
Questo settembre è stato un mese dedicato all’insegnamento accademico. Ho avuto il piacere di avere a Lugano, per due fine settimana consecutivi, due gruppi di 5 studenti. Si sono iscritti a un nuovo corso di cardiochirurgia (www.cardiocentro.org/kurs-herzchirurgie), ideato proprio per loro, studenti di medicina delle università di Berna e Zurigo nei semestri clinici. Il formato è una novità: invece di tenere il corso presso le università stesse, gli studenti vengono per due giorni (venerdì e sabato) a Lugano. Il corso consiste di un blocco di presentazioni e da due moduli pratici.
Niente paura, non ci sarà un’altra predica del dottore! In fondo, tutti lo sappiamo in qualche modo, vero?
Vi racconto soltanto un aneddoto che è capitato a me: ero sereno e rilassato sotto i ferri del mio parrucchiere quando mi ha chiesto se potesse farmi una domanda medica! Ecco, ho detto, vediamo! Voleva sapere se una medicina che gli era stata prescritta andava bene. Si trattava di un beta-bloccante. Ero sorpreso…
Il modo di eseguire l’intervento di bypass aortocoronarico era rimasto relativamente invariato negli ultimi decenni. L’introduzione della tecnica dell’intervento a cuore battente (ca. 10 anni fa), accompagnata da diversi sviluppi tecnologici per rendere l’intervento più facile e sicuro, ha però aperto nuovi orizzonti.