Pandemia SARS-CoV-2: i sistemi barcollano

Viviamo in un sistema complesso. I sistemi complessi sono intrinsecamente difficili da modellare a causa delle interazioni interne ed esterne, la cui reazione ad un determinato stimolo è difficile da predire.  La capacità di un sistema complesso di assorbire colpi più o meno forti e ciononostante mantenere la loro struttura e funzionalità è denominata resilienza. Sistemi incapaci di resilienza si destabilizzano e mutano, solitamente, in modo peggiorativo1.

La malattia pandemica del corona virus (Covid-19), causata dal virus SARS-CoV-2 ha dimostrato quanto siano sensibili i nostri sistemi complessi, quando la causa non può essere controllata rapidamente né efficacemente. Quasi ogni singolo segmento del sistema è stato colpito: le nostre cellule, organi e corpo, le nostre anime, le infrastrutture sanitarie, infermieri e terapisti, medici, direttori di ospedali, la leadership politica, piccole e medie aziende, intere economie, intere nazioni. La lista è pressoché infinita.

Il tasso di crescita esponenziale di questo virus altamente contagioso insieme alle limitate opzioni terapeutiche (assenza di vaccino e di trattamenti mirati) hanno messo il nostro sistema sanitario sotto enorme pressione. Come prevedibile in un sistema complesso formato da complessi sotto-sistemi, diverse sono state le reazioni. Taluni sotto-sistemi hanno reagito in maniera resiliente, altri non così. Delle migliaia di persone infettate, il 40% presentava minimi o totale assenza di sintomi, altre hanno sviluppato sintomi da leggeri a moderati che non sono progrediti e altre ancora (approssimativamente il 5-10%) hanno avuto sintomi sfociati nel conclamato Covid-19. Per il 10% di questi ultimi la malattia è deteriorata, fino al decesso.  I fattori specifici che determinano l’evoluzione di questa infezione non sono conosciuti; quello che sappiamo, tuttavia, è che l’età avanzata e patologie pre-esistenti sono fattori di rischio e che il rilascio di citochine (fino ad arrivare alla cosiddetta  “tempesta citochinica”) hanno un ruolo chiave nella patofisiologia di questa temibile malattia.

A livello locale, il Canton Ticino e il suo sistema sanitario, nonostante la prossimità geografica al nord Italia, epicentro europeo della pandemia, hanno confermato la loro resilienza, riorganizzandosi, adattandosi e assorbendo il colpo di questa massiccia ondata epidemica.

Uno dei denominatori comuni dei sistemi resilienti è la leadership politica. Le regioni, i cantoni o le nazioni che hanno saputo reagire meglio (i.e. che hanno mostrato una buona resilienza sistemica) sono stati quelli con una leadership centrale, composta dai vertici politici in concerto con i massimi esperti di malattie infettive, di epidemiologia, di salute pubblica e protezione civile. Questi organi, grazie ad un’efficiente organizzazione pre-esistente coadiuvata da disposizioni ad hoc imposte da team di gestione-crisi con autorità esecutiva, a comunicazioni ufficiali periodiche e a feedback logistici rilevati sul campo, hanno potuto permettere la resilienza del sistema.

In tempo di crisi, si necessitano una forte leadership, competenza tecnica e comunicazione efficace.

Un aspetto che apre gli occhi durante questo tsunami pandemico è la dimostrazione concreta di un contrasto impressionante: la resilienza del sistema rispetto all’efficienza e all’ottimizzazione di esso stesso. La resilienza in un sistema economico significa ridondanza, che è esattamente ciò che un sistema economico di tipo industriale efficiente ed ottimizzato cerca di ridurre al minimo. Non c’è dubbio (almeno per me…), che se ogni giorno fossimo stati in grado di fornire a tutta la popolazione mascherine chirurgiche per una durata di almeno due mesi e agli ospedali una quantità sufficiente di adeguati dispositivi di protezione (insieme al distanziamento sociale e ad altre misure efficaci) l’impatto della pandemia sarebbe stato molto più basso. In termini numerici, questo significa miliardi di mascherine chirurgiche.

Nessuno può aspettarsi che uno stato, anche se ricco come la Svizzera, tenga a disposizione una tale quantità di mascherine chirurgiche. Un sistema resiliente, tuttavia, non dovrebbe completamente affidarsi a ordinazioni effettuate in Estremo Oriente. Esso, dovrebbe infatti prevedere di mantenere una produzione locale anche piccola, ma adattabile, di tali articoli a costi relativamente bassi. Questo non è ovviamente efficiente dal punto di vista economico. Tuttavia, al termine della crisi, l’attuale efficienza economica rivelerà il suo costo: la perdita di troppe vite umane. La resilienza del sistema è il “pensiero dei sistemi”, un approccio scientifico per valutare possibili disallineamenti tra i nostri modelli mentali e la realtà.

Il nostro modello mentale di efficienza economica sistemica non ha superato il controllo della realtà. Quanto costa la disponibilità dell’assistenza sanitaria? Quanti reparti di terapia intensiva siamo disposti a permetterci? In che misura dovrebbero essere attrezzati e dotati di personale qualificato?

Qual è il grado di autonomia (strategica) che noi cittadini vogliamo avere e possiamo permetterci, quando si tratta della capacità di uno stato di proteggere la propria popolazione? Questa è la nuova era della protezione civile. Anche i bunker privati, obbligatori in Svizzera nella seconda metà del secolo scorso, non erano efficienti dal punto di vista dei costi. Erano tuttavia percepiti come necessari. Le epidemie e altre minacce alla salute pubblica sono i nuovi nemici, le nuove armate invisibili2.

In questo contesto dovremmo rivalutare la nostra resilienza sistemica. Se nella crisi attuale si nasconde un’opportunità, potrebbe essere proprio questa.

 

  1. Walker, B., Salt D. (2012). Resilience Thinking. Island Press.
  2. Harari, Y. N. (2017). Homo Deus. C.H.Beck.